Ispirazione e creatività. Applicazione e pensiero divergente.
Sono concetti che si interscambiano.
Il pensiero divergente viene definito come un pensiero che consente di creare più alternative ad un problema che non preveda una soluzione soltanto, andando oltre quella che è la situazione di partenza, esplora nuove possibilità.
Se il pensiero convergente si caratterizza per la sua applicazione a situazioni che consentono un’unica risposta corretta, che rispetti precise regole codificate (tipica espressione delle materie scientifiche), quello divergente apporta una soluzione nuova (possibile in quanto espressione di un pensiero artistico).
Elaborato da Guilford nel 1967, il pensiero divergente è improntato alla fluidità (alla quantità di idee prodotte), alla flessibilità (di passare da un’idea all’altra, senza perdere il filo), all’originalità (nella capacità di trovare idee insolite).
Altri tratti particolari sono: l’elaborazione (nella possibilità di approfondire fino in fondo la propria idea), la valutazione (nella valutazione di quale sia l’idea più pertinente allo scopo designato, tra tutte quelle pensate).
Il pensiero divergente non è migliore di quello convergente.
Quest’ultimo ci aiuta a risolvere problemi strutturati ed è indispensabile in alcune situazioni della vita.
I due sono da intendersi quali complementari nella risoluzione di dinamiche e problemi e ciascuno dovrebbe poter attivare l’uno o l’altro a seconda della situazione che vive.
Il problema vero, semmai, è che fino ad ora, nelle scuole e nell’apprendimento, solo il convergente è il pensiero che ha avuto la meglio, poiché l’altro è stato ignorato, come pure gli alunni che sembravano possederlo in modo naturale.
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